sabato 25 aprile 2020

Lettera ai miei studenti di oggi e di ieri

Carissime, carissimi,
leggo le vostre parole e molte mi colpiscono, toccano corde importanti dentro di me e fanno risuonare echi che non vogliono tacersi.
Ieri ho letto queste parole, scritte da una ragazza: “mi sento ogni giorno sempre più impotente, stare a casa è l'unica cosa che possiamo fare e sono infinitamente grata a chi la differenza la sta facendo davvero”.
Le ho risposto, ma le sue parole hanno continuato a risuonare, appunto, dentro di me. Perché anche io, tante volte, mi sento così. Come se la mia vita, ciò che faccio, non fosse abbastanza. Come se, dato che non sono medico, infermiera, carabiniere, farmacista, ricercatore universitario o scienziato alla ricerca del vaccino, filosofa che dà un'interpretazione della situazione definitiva, missionaria, sacerdote che porta conforto spirituale, cantante che allieta la vita dei suoi vicini dal balcone, volontaria che porta il cibo ai poveri o consegna medicinali agli anziani, non lavoro in un supermercato cercando di mantenere gentilezza e professionalità eccetera eccetera...come se, non essendo alcunché di tutto questo, io non faccia la differenza. Ora, senza nulla togliere allo sforzo enorme di tante persone e alla straordinaria gratuità e impegno che abbiamo visto da tanti, di tutti i mestieri e di tutte le fasce d'età, penso che anche noi facciamo o possiamo fare qualche cosa di importante. Perciò stamattina (e con mattina intendo dalle 6.00) mi sono trovata a scrivere su fogli di carta le riflessioni che ora vi scrivo qui sotto.

È molto bello che abbiamo dentro di noi questi valori, questi ideali, questa forte spinta verso il mondo e verso il bene, una sorta di chiamata ad operare.
Ma che cosa possiamo fare?
Alcuni di noi sentono di non poter fare nulla. Che il massimo che viene loro richiesto sia stare in casa e fare i compiti.
L'epica classica, ma anche i film, ci hanno abituato a una certa concezione dell'eroe: l'eroe del grande gesto, l'eroe solitario, l'eroe che ha una visione chiara, netta, precisa, di quel che deve fare e di come farlo. L'eroe che riesce, e che riceve il plauso di tutti (e i tutti sono, di solito, in silenziosa e reverente ammirazione). Ma essere eroi non è questo, di sicuro non è solo questo.

Vi faccio un esempio.
Io sono innanzitutto una madre. Il mio primo dovere (ma potete chiamarlo scopo, fine, chiamata, essenza...) è amare mio figlio e fargli sentire il mio amore, creare un clima sereno in casa, aiutarlo a trovare se stesso e la propria forza, e avere quel difficile equilibrio nel rapporto con lui tra accondiscendenza e stimolo, tra accettazione e richiesta di impegno. Capite in che senso parlo di dovere? Non come qualcosa di imposto dall'esterno, ma una spinta e una vocazione che deriva e risulta da ciò che ciascuno di noi è. Come intende la poesia di Martin Luther King che parte dalla saggina.
Poi sono una figlia e una sorella. Mia mamma, i miei fratelli e sorelle, Piero, i miei cugini, devono sapere che voglio loro bene e devono poter sentire questo affetto attraverso parole e gesti concreti.
Poi sono un'insegnante. C'è un dovere anche qui: darvi gli strumenti per affrontare il vostro tempo, aiutarvi a capire chi volete essere, a scoprire qual è il senso delle cose, a ricordare che ci sono bellezza e bene in voi e attorno a voi e che possiamo condividere la bellezza e il bene con le altre persone. Sono un'insegnante di religione: sto a ricordare che la scuola non è solo voti, interrogazioni, prestazione e lotta per il successo, ma comunità di crescita, che “nessuno si salva da solo” e che c'è Qualcuno di più grande che ha sempre le braccia spalancate per accoglierci.
E sono altre cose.
Sono amica, e qui c'è molto su cui lavorare, perché tendo ad essere distante e ho un vero problema nel riuscire a rimanere in relazione viva con chi è lontano o anche solo con chi non vedo quotidianamente, sono una vicina di casa (altro capitolo spinoso che vi risparmio), sono abitante di un paese (...croce e delizia!), sono cittadina di uno stato con tutto ciò che di cultura e di impegno ne deriva, e soprattutto sono una donna che abita questo pianeta: la terra è la mia casa. Gli abitanti della terra sono i miei fratelli.
Sono una persona che ha visto l'opera di Dio nella sua vita, in un modo talmente forte che non esiste più opzione tra credere e non credere; quando hai visto, sentito, toccato, sei radicato in Dio e Lui in te. Diventa una dimensione dell'essere rispetto alla quale puoi scegliere tempi, modi, puoi vivere vicinanza e lontananza, ma sempre nella certezza e nel riconoscimento di un rapporto che c'è e non può venir meno.
E sono altre cose, cose delicate e preziose e cose dure e segnate dalla sofferenza e cose intricate e problematiche e cose leggere e vaganti.

Tutti noi siamo tanto, siamo molto.
Non perché siamo chiusi nelle nostre case questo molto va perduto.
È lì: scegliamo noi come svilupparlo, mostrarlo, metterlo in gioco, custodirlo.
Non perché è una vita piccola, una dimensione ristretta, una quotidianità diversa e strana quella che viviamo, un blocco di tutto ciò che di solito facciamo, un rivedere ciò che di solito facciamo, non per questo è poco importante o non preziosa. Non perché non siamo i riconosciuti eroi della situazione siamo inutili o banali.
Spesso penso a Rosanna Benzi, costretta in una macchina che le permetteva di respirare, o a Nelson Mandela in prigione. La libertà che hanno trovato ci ricorda quante infinite possibilità abbiamo anche noi, di dialogo, lettura, visione, contatto, certo virtuale ora, ma contatto nondimeno. E chi è in casa con noi e possiamo toccare, pensiamoci, non è per caso che è lì. La nostra vita è intrinsecamente legata alla sua. Perciò tocchiamolo, abbracciamolo, prendiamogli la mano. Diciamogli parole di affetto, di perdono, di scusa, le parole che sappiamo possono dare luce alle nostre giornate. Condividiamo momenti belli, anche solo il pranzo e la cena e fare i lavori in casa o in giardino (sì, lo so, beato chi ce l'ha) o guardare la tivù o fare un puzzle o il gioco del fiore...
Questo non è poco.
È molto.
Come scritto su quel manifesto che vi ho condiviso, it's love in action. Ci si prepara e si impara a essere eroi vivendo bene l'oggi. Si è eroi facendo oggi il bene che sta davanti a noi. Eroi quotidiani? Eroi umili? Non so che parole usare, ma la vedo la grandezza che c'è nei piccoli momenti della nostra vita, la profondità dello sguardo di Dio su di essi, la presenza umile e misteriosa del Signore che camminava in una piccola terra, in un certo momento della storia, e che non si è posto nel punto alto del Tempio, ma che stava con Giuseppe a lavorare, coi suoi apostoli lungo le strade, nelle case di amici, di esclusi, di stranieri, di parenti, che ha rivolto le sue parole a pescatori, pubblicani, donne, a farisei.
Si impara a essere grandi facendo bene le cose piccole. Si salva il mondo un passo alla volta.
“Chi salva una vita salva il mondo intero”. È la frase del Talmud che ha portato a capire chi potesse essere riconosciuto come Giusto tra le Nazioni. Chi ha salvato una vita, anche solo nascondendo per una notte, falsificando un documento, girandosi dall'altra parte, aprendo la porta del fienile, dicendo no, non facendo i nomi, donando la propria parte di cibo, ricordando all'altro che è un essere umano e in quanto tale infinitamente prezioso. Rispondendo di sì alla chiamata dell'altro in quel preciso momento, che non si annuncia con squilli di tromba e spesso non ha e non avrà il riconoscimento dei posteri, ma è il momento della scelta, di che tipo di persona voglio essere.

Oggi è la Festa della Liberazione.
Mi sono svegliata alle 5.30 e avevo questo nella testa e nel cuore. Dovevo scriverlo, non sarei stata bene finché non lo avessi trasformato in parole.
Voglio dire a quella ragazza, e non posso non dirlo a ciascuno di voi: tu sei importante, quello che fai è importante. Se rivesti e riempi di bene, di empatia, di serenità, di pazienza, la tua giornata, se vivi gesti di amore, di affetto ogni giorno, non c'è spreco e non c'è inutilità.
Sii una brava figlia, una buona sorella, una cara amica, una dignitosa studentessa, e tutto ciò che vuoi, una atleta impegnata, un'artista profonda, una musicista di cuore. Sii il meglio di ciò che sei. Una bella persona.
E vedi il miracolo, la grandezza, l'assoluta straordinarietà di ciò che stai facendo.
Il tutto è nel frammento.

Love you 3000.






Corinna Baldauf (@findingmarbles) | Twitter

2 commenti:

  1. Giusto sorella! Belle parole, soprattutto la parte finale:

    Sii una brava figlia, una buona sorella, una cara amica, una dignitosa studentessa, e tutto ciò che vuoi, una atleta impegnata, un'artista profonda, una musicista di cuore. Sii il meglio di ciò che sei. Una bella persona.
    E vedi il miracolo, la grandezza, l'assoluta straordinarietà di ciò che stai facendo.

    Me lo dice sempre anche Oscar ;-)

    RispondiElimina
  2. Grazie, Michela! Mi fa piacere che anche Oscar ti dica queste parole...A presto!

    RispondiElimina

Adesso, di Mariangela Gualtieri

 Adesso è forse il tempo della cura. Dell’aver cura di noi, di dire noi. Un molto largo pronome in cui tenere insieme i vivi, tutti: quelli ...