Mi ha molto colpito la
lettera che ha scritto un medico dell’ospedale “Sacco” di Milano. Egli
dice che il nuovo ottimismo che vede in questi giorni (gli applausi, la nuova venerazione per la classe medica e infermieristica…) è un tentativo di
esorcizzare una umanissima paura, ma è debole quanto al contenuto. “Ce la
faremo”, infatti, cosa significa? Che dobbiamo guardare solo alla fine
dell’epidemia, saltando la drammaticità del presente?
Anche in alcuni articoli tra quelli proposti viene detto che stiamo cercando di anestetizzare questa “ferita”
impasticcandoci di artefatto ottimismo, ma questo è solo un modo per
sfuggire al presente. Infatti aggrapparci al nulla non è una buona idea per
strapparci dal nulla.
Il modo giusto per affrontare questa ferita è quindi condividerla.
In questo periodo anch'io provo un po' di paura e turbamento.
Eppure guardandomi attorno mi sono resa conto che siamo tutti sulla stessa barca, nessuno sa come questa cosa andrà a finire e questo mette una grande angoscia.
Però è proprio vivendo nel presente della realtà e condividendo le mie impressioni e sentimenti con amici e insegnanti che riesco a rasserenarmi.
Infatti una delle frasi che mi ha colpito di più in questo periodo è stata pronunciata da Papa Francesco: “Alla pandemia del virus vogliamo rispondere con l’universalità della preghiera, della compassione, della tenerezza. Rimaniamo uniti”.
Alice
1 aprile 2020
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Weigela. Originaria dell'Asia, portata in Europa da Robert Fortune (che a quanto pare era là per trafugare piante di tè), così denominata da Carl Peter Thunberg nel 1780 in onore di Christian Ehrenfried Weigel, botanico e scienziato della Pomerania. Vedi https://www.inomidellepiante.org/storie/christian-weigel-e-la-flora-della-pomerania-svedese |
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