Ho letto il diario di Etty
Hillesum lo scorso anno, dato che mi aveva incuriosito quando una mia insegnante
lo aveva citato in una sua lezione. La
cosa che mi ha colpito è il fatto che della Shoah, della persecuzione e
sterminio degli ebrei Etty parli davvero molto poco, così come della morte e
del dolore. Il suo diario è un continuo ininterrotto di pensieri e riflessioni,
riguardanti la vita, Dio, in cui cerca di lavorare su se stessa. Ed è invece la
gioia della vita, che Etty continua a dire essere “bella e carica di
significato”, gioia che emana da ogni pagina, nonostante lei si trovi a
vivere in un periodo così terribile e disastroso della storia: “Fiorire e
dar frutti in qualunque terreno si sia piantati – non potrebbe essere questa
l’idea? E non dobbiamo forse collaborare alla sua realizzazione?”.
Leggendo
il suo diario in qualche modo mi sono legata a lei, ho trovato alcune
somiglianze nei nostri caratteri, ma anche molte differenze, soprattutto la sua
forza interiore: non esprime nessun sentimento d’odio nei confronti degli
uomini, ma al contrario diffonde solo amore, afferma che la vita continua ad
essere piena di significato in ogni circostanza, vita che dà sempre
l’opportunità di crescere e rendere più forti (“Ogni volta è come una
piccola ondata di calore, anche dopo i momenti più difficili: la vita è davvero
bella. È un sentimento inspiegabile, che non può fondersi sulla realtà in cui
viviamo”; “Non si combina niente con l’odio, la realtà è ben diversa da come ce
la costruiamo noi”).
È una ragazza la cui forza continua a stupirmi, in
quanto mi chiedo come facesse ad affrontare la situazione in questo modo, una
cosa più grande di lei e di tutti, mentre io non riesco ad essere forte neanche
in situazioni in confronto banali che mi si presentano davanti e in quella
situazione non avrei saputo reggere e sarei andata più che probabilmente a
pezzi.
Una cosa che ho trovato molto
interessante è il suo rapporto con Dio, che lei considera essere la parte più
profonda di se stessa. Ogni volta che prega parla quindi con la sua anima ed è
come se si autoprocurasse la forza interiore che la spinge ad andare avanti e
a considerare piena la vita: “Io riposo in me stessa. E questo “me stessa”,
la parte più profonda e ricca di me in cui riposo, io la chiamo “Dio”. (…) E
quando dico che ascolto dentro, in realtà è Dio che ascolta dentro di me. La
parte più essenziale e profonda di me che ascolta la parte più essenziale e
profonda dell’altro. Dio a Dio”. È portata ad amare gli uomini in quanto
trova un pezzetto di Dio in ognuno di essi e penso che sia proprio in questo
modo che bisognerebbe vivere per liberarsi dall’odio.
Etty mi ha dato davvero molto, è
diventata per me un esempio da seguire e il suo diario una sorta di vademecum
per la vita, per questo penso che in futuro lo rileggerò, e magari mi colpirà
in modo differente in un altro periodo della mia vita. Finito di leggere il suo
diario mi sono sentita come una persona diversa e arricchita, in grado di
essere più forte e di cambiare in meglio; purtroppo non è una cosa che
avviene in un attimo, ma necessita di molto tempo e bisogna lavorarci su.
Aggiungo delle parti del diario che mi hanno colpito particolarmente.
“In fondo, io non ho paura. Non
per una forma di temerarietà, ma perché sono cosciente del fatto che ho sempre
a che fare con degli esseri umani, e che cercherò di capire ogni espressione,
di chiunque sia e fin dove mi sarà possibile. E il fatto storico di quella
mattina non era che un infelice ragazzo della Gestapo si mettesse a urlare
contro di me, ma che francamente io non ne provassi sdegno – anzi, che mi
facesse pena, tanto che avrei voluto chiedergli: hai avuto una giovinezza così
triste, o sei stato tradito dalla tua ragazza? Aveva un’aria così tormentata e
assillata, del resto anche molto sgradevole e molle. Avrei voluto cominciare
subito a curarlo, ben sapendo che questi ragazzi sono da compiangere fintanto
che non sono in grado di fare del male, ma che diventano pericolosissimi se
sono lasciati liberi di avventarsi sull’umanità. È solo il sistema che usa
questo tipo di persone a essere criminale. E quando si parla di sterminare,
allora che sia il male nell’uomo, non l’uomo stesso.
Un’altra cosa ancora dopo
quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini
malgrado il dolore e l’ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti
questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di
noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi. E perciò sono molto
più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa paura è il fatto che certi
sistemi possano crescere a tal punto da superare gli uomini e da tenerli
stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime: così, grandi
edifici e torri, costruiti dagli uomini con le loro mani, s’innalzano sopra di
noi, ci dominano, e possono crollarci addosso e seppellirci.”
“Una pace futura potrà essere
veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se
ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o
popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di
diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l’unica
soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel
pezzetto d’eternità che ci portiamo dentro può essere espresso in una parola
come in dieci volumoni. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo
proprio nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra.”
Beatrice
29 maggio 2020
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